Responsabilità medica – spetta al paziente la prova del nesso causale

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La Cassazione, in un caso di responsabilità medica relativo ad un dentista, nel confermare la correttezza del rigetto, da parte dei giudici di merito, della richiesta risarcitoria della paziente, rimarca il principio per il quale spetta al paziente, che lamenta un danno derivatogli dall’operato di un medico, dimostrare il nesso di causa tra condotta del sanitario e conseguenze patite.

Il commento alla sentenza da parte dell’Odontologo forense, Marco Scarpelli.

“La vicenda è relativa al pronunciamento in punto di responsabilità medica della Cassazione al termine di un iter di valutazione di un caso che, sia nell’ambito del primo grado che in fase di Appello, non rilevava la prova del nesso causale, elemento a carico del Paziente o, per usare un termine tecnico, del Danneggiato; nel commentario della Sentenza si affrontano i seguenti capitoli:

  • Onere del Paziente provare il nesso causale
  • Valutazione delle prove
  • Spetta al Paziente dimostrare il nesso di causa.

In altra parte della Sentenza e del commento alla Sentenza, si definisce come consolidato l’aspetto relativo all’onere probatorio a carico del Paziente, ovvero del Danneggiato, nella dimostrazione del nesso di causa tra la conseguenza lesiva e l’attività del Medico, in questo caso di Medico Dentista; ora, ricostruendo brevemente la distribuzione degli oneri probatori, appare evidente quanto segue:

  1. Il Danneggiato deve in primis dimostrare il rapporto contrattuale con il Medico, ovvero fornire prova che la cura è stata svolta da quel Soggetto, ovvero da quella Struttura
  2. In secondo luogo deve, a fronte di questa prima dimostrazione, fornirne una seconda, ovvero dimostrare in termine tecnico la sussistenza di un danno; in esclusione della presenza di un danno, il procedimento dal punto di vista civilistico non avanzerebbe.
  3. Una volta date le due dimostrazioni, deve anche motivare in termini di nesso l’esistenza di una correlazione tra l’intervento eseguito e la conseguenza in termini di danno; in assenza di sostegno a tale sussistenza, ovvero a tale nesso causale, la richiesta risarcitoria viene respinta.
  4. In presenza di dimostrazione del nesso, viene invece valutato il comportamento del Professionista e verificato quindi se trattasi, quanto indicato, come danno da parte del Paziente, di danno quindi con evidenza di colpa professionale e di violazione di adeguata condotta, ovvero se trattasi invece di una complicanza, e quindi di cosiddetto danno non risarcibile; pare infatti evidente che, in presenza di una condizione lesiva non prevenibile ma prevedibile, e con adeguata informazione preliminare al Paziente, il danno che venga procurato non possa definirsi come danno ingiusto e non incorra quindi in adeguato risarcimento.
  5. La Cassazione non si esprime sul merito delle valutazioni espresse in primo o secondo grado, ma si esprime sulla correttezza / non correttezza del procedimento metodologico sostenuto rispettivamente dai Giudici intervenuti, in questo caso accertandone la correttezza.
  6. Ulteriore commento merita la questione delle prove:

Se infatti abbiamo stabilito quali siano gli oneri a carico del Paziente, così riteniamo opportuno sottolineare che, in caso di inversione dell’onere probatorio, sarà il Medico che dovrà produrre le prove di avere bene agito, ovvero dimostrare che la complicanza (non danno risarcibile) sia frutto comunque di un comportamento e di una condotta congrui, e che il Paziente, naturalmente, era stato informato dei rischi correlati all’intervento svolto; è necessario quindi una volta di più sottolineare l’importanza della documentazione “probatoria”, ovvero cartella clinica con accessori, ecc.”.