Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sulla fruizione del credito d’imposta per beni strumentali

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Con la risposta a interpello n. 270 del 18 maggio 2022 –Articolo 1, comma 1056, della
legge n. 178 del 27 dicembre 2020, l’A.E. chiarisce le caratteristiche della documentazione ai fini della fruizione del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali nuovi.


Credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi (Vedi QUI allegato A).


La fattispecie trattata dall’interpello si riferisce a una impresa che avendo effettuato un investimento in beni strumentali nuovi compresi nell’elenco contenuto nell’allegato A annesso alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Vedi QUI), intende usufruire del credito d’imposta disciplinato dall’art. 1, commi 1056 e seguenti della legge 30 dicembre 2020, n. 178.

Preliminarmente è opportuno chiarire che trattasi di credito di imposta su investimenti espressamente riservato dalla legge alle sole “imprese”: non possono usufruirne, quindi, gli esercenti arti e professioni. Tuttavia, tale opportunità può essere legittimamente colta dai professionisti che esercitano la propria attività attraverso la forma societaria, quali quelli organizzati in STP (società tra professionisti), che, in quanto tali, possono usufruire del credito d’imposta al pari delle “classiche” imprese.

In secondo luogo, relativamente all’ammontare del credito d’imposta, va sottolineato che esso è riconosciuto in misura diversa a seconda del periodo nel quale viene effettuato l’investimento, ovvero:

  • per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021 (“ovvero entro il 31 dicembre 2022, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2021 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione”) il credito ammonta al 50% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro (al 30% per la quota superiore a 2,5 milioni e fino a 10 milioni, al 10%, per la quota superiore a 10 milioni e fino a 20 milioni);
  • per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2022 (“ovvero entro il 30giugno 2023, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2022 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione”) il credito ammonta al 40% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro. (al 20% per la quota superiore a 2,5 milioni e fino a 10 milioni, al 10%, per la quota superiore a 10 milioni e fino a 20 milioni);
  • per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2025 (“ovvero entro il 30 giugno 2026, a condizione che entro la data del 31 dicembre 2025 il relativo ordine risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione”) il credito ammonta al 20% del costo per la quota di investimenti fino a 2,5 milioni di euro (al 10% per la quota superiore a 2,5 milioni e fino a 10 milioni, al 5%, per la quota superiore a 10 milioni e fino a 20 milioni).

Fatte queste premesse si passa all’analisi del documento in esame: l’interpello si riferisce alla prescrizione del comma 1062 dell’art. 1della legge 30 dicembre 2020, n. 178, che testualmente dispone che “ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 1054 a 1058-ter”.

In particolare, l’interpellante richiede se tale riferimento debba essere contenuto soltanto sulla fattura (o sulle fatture) di acquisto ovvero anche in calce al documento di trasporto e nel verbale di collaudo del bene. Tale passaggio, che potrebbe apparire come una mera formalità, riveste una natura sostanziale, visto che qualora in un successivo controllo la documentazione esposta non fosse ritenuta idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili si sarebbe soggetti alla revoca del beneficio.

In merito la risposta dell’Agenzia delle Entrate è molto netta:

  • per quanto riguarda il documento di trasporto, in quanto attestante l’effettiva consegna del bene, resta fermo l’obbligo di esporre in calce allo stesso il riferimento alla disposizione di legge che determina il diritto a usufruire credito d’imposta;
  • per quanto invece riguarda il verbale di collaudo, secondo l’Agenzia non è necessario che lo stesso contenga il suddetto riferimento, in quanto “tali documenti, per le caratteristiche che li contraddistinguono, non sono attribuibili a beni diversi da quelli cui il relativo contenuto fa riferimento”.

Il principio enunciato nella risposta dell’Agenzia delle Entrate permette di svolgere alcune sommarie considerazioni in merito agli investimenti messi in atto dai liberi professionisti:

  • in primo luogo lo stesso principio si applica ai crediti d’imposta disciplinati dai commi 1054 e 1055 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178, crediti che – in virtù di quanto sancito dal comma 1061 dello stesso articolo – annoverano tra i beneficiari anche gli esercenti arti e professioni;
  • in secondo luogo è opportuno che chiunque si accinga a effettuare un investimento in beni strumentali nuovi valuti preliminarmente a quale tipologia di credito d’imposta il predetto investimento afferisce e controlli la correttezza formale della corrispondente documentazione ricevuta dal proprio fornitore.

Andrea Dili
Dottore commercialista