Scudo penale per i vaccinatori. L’opinione di Federico Gelli

Condividi su:

Le vicende collegate al vaccino AstraZeneca hanno amplificato il dibattito sulla necessità o meno di uno “scudo penale” per i medici vaccinatori e il personale sanitario. Argomento che assume ulteriore rilevanza dopo l’accordo tra il Ministero della Salute e la categoria odontoiatrica, resasi disponibile a supportare il piano vaccinale.

Tra chi sostiene che la Legge 24/2017 Gelli-Bianco garantisca già sufficientemente i vaccinatori c’è proprio Federico Gelli, oggi Presidente della Fondazione Italia in Salute e padre della legge sulla responsabilità professionale, che nella sua intervista ad ANDInews ha ribadito la sua opinione.

Il tema – oggi mediatico –  della “responsabilità” dei vaccinatori in caso di effetti indesiderati od eventi avversi correlati all’inoculazione del vaccino  oltrepassa il limite del paradosso -ha dichiarato Gelli – e, ovviamente, mette a rischio il buon esito della campagna vaccinale, evocando rischi penali e civili di cui i professionisti certamente non vogliono e non possono farsi carico. 

Rimane il fatto che tali rischi, a mio parere, sono in concreto prossimi allo zero. Lo statuto della responsabilità dei professionisti, così come disciplinato dagli art. 5, 6 e 7 della legge 24/2017, si fonda sul principio in base al quale non può considerarsi responsabile chi si sia comportato correttamente ed abbia diligentemente attuato linee guide e buone pratiche assistenziali. La corretta  somministrazione di un vaccino – che altro non è che un’iniezione intramuscolo sul deltoide – non comporta rischi operativi di sorta, mentre eventuali reazioni avverse (ove oggetto di corretta informativa preventiva) non possono certo essere imputate all’operatore, trattandosi di farmaci autorizzati in via amministrativa.

Da considerare, poi,  l’assoluta improbabilità che eventi avversi siano causalmente riconducibili all’operato dei medici.

Insomma, l’attuale impianto normativo offre ampia protezione ai professionisti che somministrano i vaccini, senza necessità di alcuno “scudo” di responsabilità.  E ciò vale anche per gli Odontoiatri, anche se liberi professionisti, dal momento che la loro posizione è, nella legge, in tutto e per tutto, equiparata. La loro teorica responsabilità rimane davvero un’ipotesi più che marginale, quasi irrealistica (a prescindere che si tratti di responsabilità contrattuale, o come riterrei,  extracontrattuale). Il problema, semmai , è un altro. L’avvio di procedimenti penali o civili, anche se destinati ad una sistematica archiviazione o a un rigetto, comportano costi – umani ed economici  – di resistenza del tutto inopportuni. Non si pone  dunque un problema di scudo a protezione di responsabilità men che improbabili ma semmai emerge l’esigenza di interporre un barrage all’avvio di iniziative giudiziarie del tutto inopportune.

Credo peraltro che sia saggio considerare la questione da un più ampio angolo visuale. – conclude Gelli – Ben al di là dei vaccini, credo che il COVID abbia posto l’esigenza di una più generale protezione del comparto sanitario, che tanto strenuamente si è impegnato a difesa dei cittadini nell’emergenza. In un contesto in cui le linee guida e le buone pratiche costituiscono un formante ancora in via di definizione potrebbe davvero pensarsi, come già si era ipotizzato agli inizi della pandemia, a una norma emergenziale che, coordinandosi con i principi di base della legge 24/2017, circoscriva tutte le responsabilità comunque correlate al COVID, limitandole alle ipotesi di una colpa grave non generica, ma anch’essa da valutarsi alla luce delle conoscenze e delle risorse disponibili al momento dell’evento avverso“.